Uno dei grandi problemi che riguardano tutte le nazioni ed anche l’Italia, è quello dell’inquinamento dei terreni, che necessita di un grande impegno per la loro bonifica. Ora l’Eni sta sviluppando una nuova tecnica che permette di eseguire la bonifica dei terreni inquinati sia dai composti organici che dai metalli pesanti, utilizzando le piante in combinazione con dei particolari microrganismi.
Le cause dell’inquinamento
In Italia nel corso degli anni sono state condotte una serie di attività industriali senza considerare i danni che potevano causare ai terreni e quindi questi ultimi sono stati inquinati sia da composti organici come gli idrocarburi aromatici, alifatici e clorurati, sia da metalli pesanti come il nichel, il piombo, il cadmio, il rame il mercurio, il cromo e l’arsenico. Queste sostanze, che restano nel terreno per molti anni, se non bonificato, continuano quindi ad avvelenare sia gli animali che la flora con i quali vengono in contatto. Questo, attraverso la “catena alimentare” rappresenta un rischio grave anche per gli esseri umani.
La bonifica eseguita in modo tradizionale prevede che il suolo inquinato sia scavato e successivamente conferito ad impianti di recupero dove viene trattato con metodi sia fisici che chimici estraendo quindi gli elementi inquinanti che costituiscono un pericolo, oppure degradandoli ad un minore grado di pericolosità. In questo modo si corre però il rischio di sommare inquinamento ad inquinamento, in quanto ad esempio il pulviscolo che si va a creare quando si effettuano gli scavi, può disperdere nell’aria le sostanze inquinanti.
La scelta dell’Eni
L’Eni ha invece scelto una strada diversa, studiando e realizzando dei metodi di bonifica alternativi, che hanno un basso impatto ambientale ma sono comunque in grado di eliminare le sostanze inquinanti dal terreno, od in alternativa ridurli ad un livello che non comporti rischi per le persone.
Queste ricerche sono condotte da una unità particolare quella delle “Tecnologie Ambientali del Centro Ricerche per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente” che lavora in collaborazione con l’IRET del CNR di Pisa, e sono portate avanti su richiesta di Eni Rewind, la società del gruppo Eni che si dedica al risanamento ambientale. Una delle tecnologie di bonifica disponibile è quella che viene denominata “fitorimedio” che si presenta come molto promettente e sfrutta la capacità depurante posseduta dalle piante che riescono ad estrarre i metalli pesanti dal terreno e nello stesso tempo eliminano i composti organici.
Le piante svolgono quindi questa azione, sfruttando l’energia del Sole e agendo direttamente sul posto senza dover spostare il terreno come succede con il metodo tradizionale. Questo processo inoltre migliora le caratteristiche “chimico-fisiche” del terreno e quindi si riesce ad ottenere anche una riqualificazione dal punto di vista del paesaggio e dell’ambiente.
Grazie ai test di laboratorio condotti dai biologi e microbiologi del “Centro Ricerche per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente“, ed a prove condotte sia in campo che in serra, l’Eni sta mettendo a punto le condizioni “ottimali” per poter applicare il “fitorimedio assistito” a terreni contaminati da idrocarburi e da metalli pesanti. Ad ogni agente inquinante è stato associata la migliore specie vegetale, definendo le associazioni tra piante e microrganismi che presentano la resa più alta.
Dopo aver sperimentato e dimostrato la validità di questi metodi è partita la fase nella quale vengono definiti precisamente i protocolli per gli interventi da effettuare sul campo, condividendo le scelte con gli Enti Pubblici che sono interessati alla tutela della salute e dell’ambiente. Tutte le specie vegetali che sono state selezionate hanno dimostrato di essere in grado di estrarre delle quantità importanti di metalli pesanti e di accumularli nelle radici, con percentuali che, secondo i diversi metalli, variano dal 35% al 40%. In questo modo si può prevedere di eliminare completamente i metalli pericolosi dopo 3 / 5 cicli stagionali, secondo le piante impiegate.